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Musica & Ecologia: aggiornamento 2023

Secondo Copernicus, il programma di osservazione della terra dell'Unione Europea, a luglio 2023 si è raggiunta la temperatura media più alta mai registrata al mondo da quando ci sono le rilevazioni scientifiche. Si stima che il mese sia stato di circa 1,5°C più caldo rispetto alla media del periodo 1850-1900. In questo contesto torno ad occuparmi dell'industria musicale e del suo impatto sull'ambiente: tema che ho già affrontato in due post: questo del 2021 e questo del 2022. Si trattava di due articoli relativamente ampi, stimolati dal lavoro del musicologo Kyle Devine: nel suo libro "Decomposed, the political Ecology of Music" - ed in alcuni succesivi interventi - vengono tracciati alcuni caratteri fondamentali dell'industria musicale contemporanea, riassumbili nei seguenti aspetti:

  • l'industria musicale va intesa come l'insieme di più industrie interrelate, spesso non orientate esclusivamente al prodotto musicale;

  • l'industria musicale contemporanea, per quanto segnata dallo streaming musicale come supporto guida, si caratterizza per la coesistenza di formati e mezzi diversi per l'ascolto;

  • la digitalizzazione avvenuta nel corso degli ultimi 20 anni non ha ridotto l'impatto ecologico dell'industria musicale: più probabilmente lo ha incrementato. Questo fenomeno va compreso all'interno della più ampia riflessione sull'impatto ecologico dell'Information Technology (ITC), in cui anche l'efficentamento delle tecnologie finisce per produrre una aumento del consumo di energia complessivo (effetto di Jevons).

Oltre a questi aspetti - che emergevano direttamente dal contributo di Devine - si sono aggiunti nel corso della riflessione altri due elementi:

  • la digitalizzazione si basa sullo sfruttamento del lavoro creativo: si ritiene quindi che sia più difficile nel contesto attualeper i musicisti ottenere remunerazione per i propri prodotti artistici di quanto non fosse precedentemente;

  • si sono cominciate a vedere nel corso degli ultimi anni esperienze orientate a rendere più "sostenibili" le industrie musicali, ma anche diversi tentativi di greenwashing, ovvero di mero sfruttamento del tema della sostenibilità per finalità di marketing.

L'obiettivo di questo intervento è fornire un aggiornamento a questi diveri temi: al contrario che nei precedenti post mi concentrerò nell'indidcare una rassegna (ragionata) di contributi.

La struttura è la seguente:

1) L'impatto ecologico dell'industria musicale

2) Industria Musicale e condizione dei musicisti

3) Musica ed Ecologia: alcune esperienze

4) Conclusione: sostenibilità.... di cosa? Un nuovo contributo di Kyle Devine.


1) L'impatto ecologico dell'industria musicale


Nel precedente articolo collocavo la riflessione sull'impatto ecologico dell'industria musicale all'interno del più ampio dibattito sull'impatto dell'ITC. (questo è un singolo aspetto dell'industria musicale, che per altri versi - quale quello dei concerti - va messa in relazione con settori quali il turismo).

Edizioni Luiss 2022
Guillaime Pitron Inferno Digitale

Un eccellente testo per affrontare questo ampio argomento è uscito nella seconda metà del 2022 realizzato da Guillaume Pitron: "Inferno Digitale". Si possono trovare delle recensioni del volume qui e qui . E' un libro essenziale per affrontare il dibattito sulle conseguenze ambientali dello sviluppo del mondo digitale.


Per quanto riguarda più specificamente l'impatto ecologico dello streaming musicale c'è finalmente un articolo sintetico che affronta il tema, mostrando così anche la crescita dell'argomento nei media: può essere letto qui.

Gli aspetti fondamentali che riporta sono :

* il peso globale dello streaming (non solo quello musicale) viene stimato tra il 3 e il 4 % della complessiva impronta carbonica. Ciò significa che è probabilmente superiore a quello di tutta l'aviazione civile del globo.

* Non è facile fare una paragone tra l'impatto dello streaming musicale e quello dei supporti fisici nell'inquinamento ambientale, ma le analisi sono che l'impatto dello streaming sia altissimo e quindi, essendo la modalità prevalente di consumo della musica, vada considerata un problema di primo piano.

* La soluzioni di ascolto musicale a minor impatto ambientale sono il dowloading e l'acquisto di LP/CD usati.

In questo articolo c'è anche il link ad un bel video del 2021 che tratta dell'impatto ambientale dei diversi supporti:

L'articolo non tocca invece il tema della riparazione ed il riuso dei dispositivi elettronici, tema in realtà centrale: si coglie l'occasione per diffondere questa petizione.


2) Industria Musicale e condizione dei musicisti


Il secondo tema su cui aggiornare le riflessioni riguarda l'impatto dello streaming sulle possibilità dei musicisti di "campare del proprio lavoro" o - più precisamente - di ottenere un contributo economico significativo alla lora attività dalla vendita di musica registrata. Affrontiamo l'argomento anzitutto con il riferimento a giornalisti che seguono attentamente il tema (e di cui consigliamo di seguire i siti (therestisnoise e innerviews):

  • Alex Ross in questo dettagliato articolo sulla qualità dei servizi di streaming per la musica classica conclude amaramente: "No matter what medium you choose, though, the cold reality of the post-Napster era abides: the market value of recorded music has been marked down to almost nothing".

  • Anil Prasad in un suo recente post riportava i pagamenti per stream delle diverse piattaforme, e sottolineava come l'acquisto del prodotto (CD, Dowload, vinile) direttamente dall'artista costituisca invece l'unico sostegno vero alla sua attività.

L'articolo più interessante che mi è capitato di leggere sul tema in questi ultimi mesi è un contributo del 2020 realizzato da David Hesmondhalgh dell'Università di Leeds dal titolo " Is music streaming bad for musicians?". (il lavoro è ampiamente reperibile e scaricabile ad esempio qui. )

Questo articolo vuole affrontare il dibattito discutendo due argomenti correnti: il primo quello per cui il pagamento "per stream" delle piattaforme sia basso e quindi ingiusto, il secondo quello per cui il modello dell'industria musica attuale (con lo streaming) sia peggiore del precendente, nel senso che sfrutti maggiormente i musicisti di quanto si facesse prima. Il lavoro sottolinea anzitutto come sia difficile fare dei confronti storici in particolare per l'opacità che caratterizza l'industria musicale (opacità che si è in effetti ridotta con l'avvento delle piattaforme, ma rimane molto alta). Racconta inoltre che, superato il crollo dovuto allo sviluppo tecnologico (in particolare per la pratica del dawnload illegale), l'industria musicale negli ultimi 10 anni è tornata a crescere: questa crescita però - contrariamente a quanto prometteva la retorica connessa all'avvento del digitale - è andata di pari passo con un aumento di concentrazione dei profitti di mercato in capo a superstar e grandi corporation. Concludendo conferma la considerazione, popolare nei media, per cui solo una quota minima dei misicisti presenti sulle piattaforma di streaming ottienere delle quote di ascolto che corrispondono a pagamenti con qualche peso economico.


3) Musica ed Ecologia: alcune esperienze


Nel corso dell'ultimo anno sono cresciute le iniziative legate al rapporto tra industria musicale e sostenibilità: si possono seguire ad esempio le attività di Music Declares Emergency: questa è la sintesi conclusiva del 2022. Questa inziativa si sta diffondendo in molti altri paesi ( US, Canada, Spagna, Portogallo, Svizzera, Germania, Olanda, Austria, Polonia, Ungherie, Chile, Indonesia e recentemente Brasile)


Per quanto riguarda l'Italia vale la pena di citare tre esperienze: per le prime due si tratta di collaborazioni tra note associazioni ecologiste e celebri musicisti pop.

  • WWF e Jovanotti: L'esperienza è stata una riproposizione della già assai discussa collaborazione avvenuta nel 2019 di cui si trovano i racconti e le critiche qui e qui. Nel 2022 la collaborazione pare si sia sostanziata in due aspetti, seguendo le stesse dichiarazione del WWF: da un lato questa associazione avrebbe svolto un'attività di "valutazione e consulenza" per ridurre l'impatto ambientale del tour Jova-Beach-Party (qui il comunicato) , dall'altro all'interno di questo tour è stato sponsorizzato il progetto Ri-Party-Amo realizzato in collaborazione tra WWF, Jovanotti ed Intesa San Paolo, progetto finalizzato a mobilitare volontariato attivo sui litorali italiani (raccontato qui, di cui si può trovare aggiornamento qui). Il punto critico di tutta questa operazione è stato nello svolgimento dei concerti in zone in cui esistono elementi naturali (piante, animali, dune) che possono essere danneggiati dalla presenza improvvisa di una gran massa di persone. Le critiche all'iniziativa e le polemiche le potete trovare qui e qui, mentre qui un video che spiega in modo chiaro la ragione della contrarietà all'iniziativa di tanti scienziati.

  • Legambiente ed Elisa: meno problematica e discussa la collaborazione tra Legambiente ed Elisa, che si è sostanziata nel progetto Music for The Planet (qui il comunicato di Legambiente) che consisteva essenzialmente nella raccolta fondi per il progetto Life Terra: progetto europeo per la messa a dimora di alberi di cui Legambiente è capofila in Italia. Tra i partner del progetto c'è Music Innovation Hub, società che si dichiara orientata alla realizzazione di progetti innovativi e socialmente responsabili in ambito musicale: in questa pagina possono essere scaricati un protocollo per eventi sostenibili e il report dell'esperienza del tour con Elisa. Tra i partner anche L'Unione Buddista Italiana che qui intervista Elisa sul progetto: aspetto problematico delle riflessioni della cantante è il tentativo di ridurre la complessità del rapporto tra azioni individuali ed azione collettiva ad una formula di comporamento sintetica ("partire dai comportamenti quotidiani") che di per se - isolata da prassi comunitarie e da scelte pubbliche - è priva di significato se non ipocrita (si pensi banalmente alla raccolta differenziata: non serve a niente farla se non ci sono le municipalizzate che la organizzano e le imprese che la utilizzano). Mi rimane quindi una domanda: è utile alla cultura ecologica far passare un messaggio del genere?

Ciò che è comune a questi due progetti - pur con livelli di problematicità e di rendicontazione diversi - mi sembra dato dall'incontro tra due strumentalità: da un lato quella dei cantanti in questione desiderosi di "aggiornare" il loro prodotto con uno dei temi emergenti nel pubblico giovane di questi anni - la causa ambientale - dall'altro quello delle associazioni ecologiste nostrane desiderose di raccogliere visibilità e risorse partecipando a grandi eventi a livello nazionale. E' stato un "buon affare"? Gli obiettivi sono stati raggiunti?

  • Crossroad Evergreen: si cita infine una piccola inziativa promossa dal festival Jazz Crossroards, di cui si trova qui la descrizione. Accanto al racconto di iniziative concrete si trova la citazione di iniziative di musicisti - a quanto ci risulta da una ricerca su internet - ferme da diversi mesi o mai partite.

4) Conclusione: sostenibilità..... di cosa? nuovo contributo di Kyle Devine.


Per concludere citiamo l'intervista realizzata a Kyle Devine che dovrebbe costituire un'anticipazione del suo prossimo libro Recomposed: volume che tratterà dell'evoluzione dell'industria musicale in atto in questi anni (l'intervista si trova qui). L'obiettivo di Devine è quello di suggerire un approccio critico "radicale": un approccio che non accetta una prospettiva di "sostenibilità", ma va ad evidenziare i rapporti che rendono l'industria msuciale una materializzazione di alcuni degli aspetti più controversi del capitalismo contemporaneo quali il consumo energetico e lo sfruttamento del lavoro. In attesa di leggere il contributo definitivo si può evidenziare come tra le critiche che Devine propone ci sia quella per cui molte delle attività di sostenibilità rischiano di ridursi a strategie di marketing, in particolare se si concentrano (solo) sulla responsabilizzazione del consumatore e non sulla modifica di come l'industria è definita in termini materiali, organizzativi ed ideologici.

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