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Libri: Decomposed di Kyle Devine


La musica non è speciale. E'cosa di tutti i giorni. Da questo dobbiamo partire. 
		Kyle Devine
		
Il vinile è sacro.
	Kurt Cobain 

Dopo il post realizzato sul paesaggio sonoro questo è il secondo articolo in cui mi occupo di musica ed ecologia. Grazie ad un contributo di Alex Ross sono venuto a leggere il libro “Decomposed: The Political Ecology of Music” (1) scritto da Kyle Devine, musicologo Statunitense incardinato all'Università di Oslo. L'urgenza - nel tono e nei contenuti - mi invitano alla condivisione tramite un resoconto che cerca di testimoniare la varietà dei temi toccati dal lavoro.


1. Volume - Struttura - Titolo


1.1 Volume

Si tratta di un volumetto di 316 pagine: 189 di testo, ben 50 di note e 60 di bibliografia.

Sul retro copertina le parole: “La musica è ritenuta la più immateriale delle arti, e la musica registrata come un progresso verso la de-materializzazione – un'evoluzione dal disco fisico all'invisibile file audio. In Decomposed, Kyle Devine offre un'altra prospettiva. Mostra come la musica registrata sia stata un significativo veicolo di sfruttamento delle risorse naturali ed umane e come ciò sia più problematico oggi di quanto non fosse in passato. Devine svela la storia nascosta della musica registrata: di cosa le registrazioni sono fatte e cosa succede quando ce ne liberiamo”.


1.2 Struttura

E' strutturato come un'indagine sulla modalità produttiva - e le conseguenze ecologiche - dei principali supporti di diffusione della musica registrata: la gommalacca dei dischi 78 giri, la plastica del vinile e dei cd, i dati dell'epoca del downloading e dello streaming. Quindi i tre capitoli di cui è composto:

Shellac (1900-1950);

Plastic (1950-2000);

Data (2000-Now).

Questi sono preceduti da un'ampia introduzione ed un'accorata conclusione in cui l'analisi viene collocata all'interno degli studi musicologici e rispetto ad alcuni temi di recente attenzione come il vinyl revival o la retromania.


1.3 Titolo

Si tratta di un titolo ironico e polisemico.

Decomposed come scomporsi, degradarsi, marcire: il destino di ogni supporto è divenire un giorno rifiuto. Produrre musica = produrre rifiuti.

Decomposed come opposto ironico di composizione musicale. Obiettivo del libro è proporre uno sguardo sul fenomeno musicale come composto d'oggetti fisici - quelli con cui la musica viene fruita - piuttosto che di "composizioni". Contenitori, prima del contenuto.


2. I Contributi Principali


2.1 L'epoca attuale (DATI) è quella con il maggior impatto ecologico

Il libro di Devine mostra come il costo ecologico della musica sia maggiore nell'epoca attuale - quella dei dati - che nei periodi precedenti. Questo avviene a causa:

  • del consumo di energia prodotto dai server che gestiscono i dati;

  • dell'enorme produzione di rifiuti di difficile smaltimento che sono gli strumenti con cui la musica viene fruita (smartphone, pc..ecc).

La storia dell'affermazione dei vari tipi di supporto (gommalacca-plastica-dati) è la storia di un impatto fin da principio rilevante sul mondo fisico. Un impatto in stretta relazione con fenomeni come la globalizzione e lo sviluppo tecnologico. Un impatto che è cresciuto nel tempo, in coerenza con la tendenza del modello produttivo capitalistico a diventare sempre più “estrattivo” ed inquinante (2). Questo incremento di impronta ambientale può risultare intuitivo nel passaggio dalla gommalacca (biodegradabile e riciclabile), alla plastica (parzialmente riciclabile, non biodegradabile). Assai meno intuitivo il fatto che nel passaggio all'epoca dei dati l'impronta ecologica, intesa come carbon footprint, sia ancora aumentata. Non siamo quindi in un'epoca di smaterializzazione, dice Devine, al contrario siamo in un'epoca di fortissimo impatto fisico: l'utente finale è circondato da oggetti per ascoltare la musica che diventeranno rifiuti e la produzione del servizio è ad alto consumo d'energia.


Un ricerca interessante, connessa al tema, è stata ClickClean realizzata da Greenpeace nel 2017, da cui emerge che Spotify (e SoundCloud) siano tra le più inquinanti delle applicazioni diffuse. Nel libro di Devine vi è infatti un ampio spazio dedicato al caso Spotify. Se , ultimamente, si moltiplicano le segnalazioni sull'effetto inquinante di attività che avvengono online - come lo scambio dei Bitcoin - e sugli effetti dell'aumento di produzione dei materiali elettronici trasformati in rifiuti di cui vengono riempiti i paesi più poveri, queste riflessioni hanno tuttavia toccato raremente il mondo della musica.


Di seguito uno dei grafici più significativi del testo. Quello riguardante l'emessione di Co2 nei principali formati dal 77 ad oggi. Una analisi più attenda dei metodi di stima usati da Devine trascende l'obiettivo di questo post.




2.2 Non esiste l'industria musicale,ma le industrie musicali

Quando si parla di industria musicale capita d'alludere ad un presunto rapporto diabolico tra case discografiche ed artisti. Io ti prometto il successo, tu accetti l'immagine personale e la forma musicale che io ritengo vendibile. Uno su mille ce la fa. Più generalmente, nel parlar di musica, spesso s'assiste al racconto del talento individuale, del contesto e della tensione tra queste componenti: entrambe comunque interessate a determinare il contenuto dell'oggetto artistico.

Devine sottolinea che parlare d'industria musicale vuol dire guardare alla produzione di oggetti (dai dischi, alle cuffie, allo smartphone) e servizi (gli eventi) che partecipano a diverse filiere: filiere poco inclini ad iteressarsi al contenuto artistico che viene veicolato. Non interessa all'industria che sul disco, o sulla piattaforma di streaming, ci siano Beethoven o Alicia Keys: basta alimentino la richiesta di "pezzi". Oppure: è la medesima cosa per “l'industria” proporre Morricone, Verdi o Zucchero, basta che possano rientrare nella logica del “grande evento” che permette di riempiere un'Arena (o qualsiasi altra logica impacchettabile). Pur interessato a specifiche filiere produttive, Devine sottolinea come improprio parlare di un'industria, ma di più industrie autonome ed interrelate di cui fanno parte le persone musicali (produttori, musicisti, appassionati) accanto e per mezzo di tante persone non musicali (tecnici, facchini, ristoratori, tour operator).


Inoltre il concetto fondamentale per parlare del mercato musicale creato dalla musica riprodotta è, secondo Devine, quello di coesistenza. Coesistenza tra generi, formati, consumatori. L'opera non esclude l'elettronica e la prevalenza di un supporto non elimina i precedenti: anzi è caratteristica del modello attuale la compresenza tra pratiche ed oggetti di consumo diversificati. Lo stesso testo (la stessa musica) si può ascoltare su diversi supporti, ed il revival di formati in disuso (financo la musicassetta) può giustificare l'esistenza di un progetto discografico.


Il mezzo giustifica il fine.

A questo proposito è significativa la reinterpretazione offerta da Devine della celebre vicenda di In Rainbows realizzato dai Radiohead nel 2007. Il lancio di questo album è famoso tra gli appassionati per la scelta della band di offrire il download digitale con la formula Pay-what-you-want. Si poteva scaricare il disco dei Radiohead anche gratuitamente. Questa scelta è stata però accompagnata dall'emessione sul mercato del medesimo prodotto sia nei formati tradizionali che in svariate edizioni limitate, composte da cofanetti di molteplici Lp Cd e merchandising annesso. Questo progetto di coesistenza tra formati - rivolti a quella che si ritiene una platea vasta, diversificata e segmentabile di consumatori - è la vera dimensione innovativa del progetto "In Rainbows" secondo Devine. In ciò sta il suo valore d'esempio per le pratiche del marketing contemporaneo, quello della coesistenza.


2.3 Per una Musicologia senza Musica


Devine vuole proporre uno sguardo sul fenomeno musicale che unisce antropologia, economia ed ecologia. Ecologia politica significa sottolineare le relazioni tra ambiente materiale e cultura: il capitalismo non è solamente un modello produttivo, ma una prospettiva culturale che ha impatto sulla realtà fisica.


Proponendo una “Musicologia senza Musica” - coerentemente con quelli che vengono definiti cultural studies - Devine intende guardare al mondo dei suoni riprodotti come una componente della cultura materiale. Una cultura che si manifesta attraverso gli oggetti di cui è composta e, attraverso essi, rende il consumatore parte del meccanismo di produzione materiale e riproduzione immateriale della società.

La forma artistica dell'opera - e le caratteristiche tecnologiche/organizzative dell'industria - si alimentano a vicenda. Ad esempio si può citare l'impatto che l'avvento del Long Playing ha prodotto sullo sviluppo del Jazz. Vale tuttavia anche il processo contrario: si dice che la scelta del formato del CD sia dipesa dalla possibilità di far rientrare la Nona di Beethoven, con la sua durata di poco meno di 80 minuti, in un'unico oggetto.


La prospettiva musicologica di Devine può essere intesa come la prosecuzione dello sforzo di evidenziare l'importanza del contesto nella determinazione del fenomeno musicale, sottolineando però la specificità di questa influenza nel modello industriale contemporaneo. Nel mondo musicale avviato dai supporti di riproduzione la musica è sempre meno una pratica attiva - qualcosa che si fa o cui si partecipa - sempre di più un consumo d'oggetti. Ciò per chi scrive ha qualche assonanza con le riflessioni di Marcuse (3), sul caratterie passivo del fruitore dell'opera d'arte nel contesto del capitalismo avanzato.


3 Percorsi di Riflessione

Una rapida ricognizione di alcuni possibili percorsi d'approfondimento.

3.1 Musica decomposta ed Ecologia


Il contributo di Devine guarda all'impronta ecologica della musica. Un approfondimento di questo percorso può andare verso

  • una valutazione comparativa dell'impronta ecologica di queste industrie rispetto ad altre,

  • una valutazione della sua convertibilità a forme sostenibili.

Rispetto a quest'ultimo tema, dalla ricerca di Greenpeace già citata, emerge come sia possibile per le piattaforme muoversi verso l'uso di energie rinnovabili. Esistono progetti per la realizzazione di vinile green. Nell'ambito della musica dal vivo ci sono diverse esperienze che tentano un'approccio alla sostenibilità: esperienze embrionali e con un grado diverso di ambiguità. Dai tentativi intelligenti dei Subsonica, all'operazione superficiale ed intimamente anti-ecologica dei concerti di Jovanotti nelle spiagge e in spazi montani. Il numero di ottobre 2020 della Nuova Ecologia segnala l'esperienza di Riverb del chitarrista Adam Guster e della Biologa Lauren Sullivan che si occupa di organizzare concerti minimizzandone l'impatto. Recentissima ed articolata - allo stato attuale di difficlie valutazione - l'iniziativa Music Declares Emergency promossa da diversi artisti ed operatori del panorama Inglese dal pop alla musica classica.


3.2 Musica decomposta e Creatività

Decomposed individua il concetto di coesistenza come centrale per interpretare la produzione musicale contemporanea. Cosa implica ciò per il rapporto tra artisti e produzione musicale? Tra mercato e creatività? C'è una nota intervista a Zappa in cui Frank sottolinea la differenza tra l'industria musicale negli anni '60 e quella degli anni '80 del novecento. Zappa contrappone un'industria degli anni '60 interessata a vendere “pezzi” rispetto a quella successiva caratterizzata invece da un approccio produttivo invasivo rispetto alle proposte degli artisti. Zappa considera assai più utile la prima formula: arrogarsi il diritto di stabilire cosa il consumatore “vuole” e, di conseguenza, entrare nel merito della proposta artistica, viene ritenuto castrante per la creatività e alla lunga deprimente per il mercato. Meglio chi si occupa di vendere pezzi e basta. Zappa aveva ragione? Come aggiornare e rileggere il discorso di Zappa oggi? Sicuramente la logica di Devine, contrariamente al discorso di Zappa, ritiene che la storia dell'industria musicale non sia quella di opposizioni rigide tra fasi, ma di coesistenza tra diversi approcci. Molto musica sperimentale esiste per il fiorire di eticchette specializzate: create da appassionati, con una visione artistica precisa. La produzione è fatta da un'insieme di attività sempre più articolate e varie, nel moltiplicarsi del testo in vari oggetti e luoghi fisici e virtuali.

3.3 Musica decomposta e Critica

L'approccio di Devine è un approccio critico. Vuole inserire il fenomeno musicale all'interno di uno dei principali ambiti di conflitto contemporanei: quello che gravita attorno alla difesa del pianeta e della vita umana dalla distruttutività del modello di vita capitalistico e consumistico.

Ci sono pratiche e pensieri musicali che già sono riconducibili, o facilmente possono essere ricondotte, ad una sostenibilità e ad una visione ecologica della musica?

Anzitutto ci sono attività musicali che esistono come prodotti locali e quindi possono essere rese più facilmente ecologiche. Queste sono la didattica e la musica amatoriale, attività al di fuori dalle logiche industriali in quanto servizi in cui il momento di produzione e consumo sono coincidenti e a bassa intensità di capitale. Attività inoltre che favoriscono l'idea della musica come pratica e non come oggetto.


Il pensiero di John Cage offre una prospettiva di opposizione radicale al modello industriale: facendo coincidere il momento musicale con quello dell'ascolto - e della performance - in oppozione alla creazione di "opere". Coerente è infatti l'antipatia che Cage ha spesso espresso per la musica riprodotta da supporto.

Interessante sarebbe anche un confronto della logica di Devine con il percorso di John Luther Adams, che ha affrontato il rapporto tra composizione musicale ed attivismo ecologista, o quello di Maja Ratkje che si è spesa per lo stop alle sponsorizzazioni delle attività artistiche da parte dell'industria petrolifera in un paese, la Norvegia, fortemente dipendente dall'industria fossile. (Il sito dell'iniziativa è in Norvegese).


NOTE


(1) Kyle Devine: Decomposed: the political ecolgogy of music, Cambridge, MA: The Mit Press, 2019.

(2) Naomi Klein: This Changes Everything, Capitolo 2 London: Penguin, 2014.

(3) Herbert Marcuse: L'Uomo ad una dimensione, Torino: Einaudi, 1967.

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