In questo post offrirò una panoramica del volume di Luigi Onori: Abbey Lincoln, Una voce Ribelle tra jazz e lotta politica, L'Asino d'Oro Edizioni, Roma, 2023. E' l'occasione per parlare di Abbey Lincoln (1930-2018) cantante jazz afroamericana, in attività dagli anni '50 fino all'inizio di questo millennio. Luigi Onori è una delle firme più note del giornalismo Jazz in Italia: collaboratore del Manifesto e di riviste di settore. Il libro viene pubblicato in una collana dal titolo "Profilo di Donna" che: "si propone di dar voce a figure di donne che si sono distinte nei loro ambiti professionali (....) mettendo in risalto le difficoltà affrontate per affermarsi in una società che le discrimina e le ostacola".
Struttura del Post
Chi è Abbey Lincoln
I contenuti del Libro
Biografia e contributo discografico
Approfondimenti: i testi, l'impegno politico
Suggerimenti d'ascolto
Il sodalizio con Max Roach: We Insist, Straight Ahead
Anni '70: Crisi, Africa, People in me
Il ritorno alle Scene: Talking to the Sun, You gotta pay the Band
Se non avete voglia di leggere andate al fondo dell'articolo, ad ascoltare la musica!
Chi è Abbey Lincoln
Abbey Lincoln - nata Anna Marie Wooldbridge - è una cantante Jazz dalla carriera ricca ed intermittente, durata dagli anni 50 del '900 fino al 2007. Cantante, autrice, attrice cinematografica e teatrale, attivista: non è celebre come Ella Fitzgerald o Billie Holiday, ma ha saputo meritare la stima di alcuni dei più grandi musicisti jazz. Thelonious Monk l'ha definita "una grande compositrice" sentendo solo i primi frutti della sua discografia, Steve Coleman "la più grande", Pat Metheny - pur avendo inciso con lei pochi brani - ha voluto citarla al pubblico bolognese in un recente e splendido concerto (3/11/2024).
E' una figura atipica, in quanto autrice di gran parte del proprio repertorio in una musica - il jazz - dove i cantanti sono prevalentemente interpreti. E' allo stesso tempo continuatrice di una linea stilistica che vede la sua origine in Bessie Smith e poi è stata sviluppata da BIllie Holiday: linea che Abbey Lincoln saprà a sua volta trasmettere a cantanti delle generazioni sucessive quali Cassandra Wilson. Il suo approccio al canto - che amerei definire essenziale - si basa sul timbro, sul timing, sulla carica drammatica: sull'evocazione di una sorta di "africanità " che passa per tutti gli aspetti dell'intepretazione. Un stile vocale che non tenta di imitare il fraseggio degli strumenti - come nello scat o nel vocalise praticati nel jazz -, ma - forse proprio per questo - riesce ad integrarsi in modo eccezionale, mantendo la propria differenza, con il tessuto strumentale.
I contenuti del Libro
Biografia e Contributo discografico
Il libro affronta la sua protagonista anzitutto attraverso la presentazione del contributo discografico, con alcuni accenni alla dimensione strettamente biografica in particolare per quanto riguarda le origini e la prima fase della carriera.
I primi due capitoli (Prologo e Capitolo 1) forniscono appunto alcuni elementi biografici: è piuttosto interessante la prima parte in cui, con efficaci tratti, si parla del contesto in cui la Lincoln è nata: una cittadina rurale, una famiglia umile, la grande depressione. Colorito è anche il breve racconto della fase di avvio della sua carriera professionale. Un carriera nata nell'ambito dell'intrattenimento per i vacanzieri - e favorita dalla bellezza vistosa della Lincoln - da cui riesce però rapidamente a smarcarsi. Grazie alla sua motivazione, ad un agente brillante e soprattutto all'incontro e alla relazione con Max Roach batterista/compositore tra i protagonisti del jazz moderno. Un anedotto divertente - tra i vari di questo periodo formativo - riguarda un abito appartenuto a Marilyn Monroe: nel 1956 Abbey Lincoln ha il suo debutto cinematografico, nel film Gangster cerca moglie, in cui canta diverse canzoni ed indossa un abito appartenuto appunto alla celebre attrice. Il rifiuto di se stessa come sex symbol indurrà la Lincoln a bruciare quel vestito al suo trasferimento a New York "Lo sacrificai. Sapevo che era un vestito famoso. L'ho bruciato e ho bruciato quella parte della mia carriera" (pag. 33).
Il secondo capitolo è dedicato ai frutti discografici che si realizzano tra il 1956 e il 1989, ulteriormente suddivisibili in tre fasi. La prima fase è segnata dalla relazione con Roach che proseguirà fino al 1970. E' il periodo della partecipazione al disco/capolavoro We Insist!-Freedom Now Suite- del 1961: un disco che mette i suoi protagonisti in prima linea nella battaglia per i diritti degli afroamericani, facendoli divenire di conseguenza bersaglio di forti attacchi. Attorno a questo album la Lincoln realizza quattro lavori: di particolare rilievo i dischi Afro Blue e Straight Ahead quest'ultimo con una band a dir poco eccezionale (Roach, Erich Dolphy, Booker Little, Mal Waldron, nonchè Coleman Hawkins). Questi album offrono un primo saggio del ruolo autoriale della Lincoln, per quanto riguarda i testi. Nonostante la qualità dei lavori - e forse per la virulenza degli attacchi - dal 61 al 73 la Lincoln non incide più nulla. Continua l'attività concertistica con Roach, prosegue la carriera di attrice ed il suo impegno politico.
La seconda fase coincide con gli anni '70: un periodo di crisi personale, di attività eterogenee (scrittura di saggi, teatro, insegnamento) e di un significativo viaggio in africa con Miriam Makeba, in cui riceverà omaggi da capi di stato ed il proprio nome africano Aminata Moseka, che l'accompagnerà per il resto della sua vita. L'unica uscita discografica è People in me del 1973, a parer mio il suo capolavoro, in cui si propone compiutamente come autrice della propria musica.
La terza fase è quella degli anni '80, che vede il ritorno pieno alla scena musicale. Questo periodo - i cui frutti discografici sono comunque episodici - è rilevante per la capacità della Lincoln, ormai cinquantenne, di entrare in relazione con i nuovi musicisti che si affacciavano in quel momento nella scena New Yorkese. Il più importante incontro è probabilmete quello con Steve Coleman, figura centrale del Jazz contemporaneo e all'epoca un esordiente. Si parla di un rapporto tra di loro di mutuo riconoscimento e sostegno: la Lincoln offre a Coleman quelle che sono tra le sue prime occasioni di visibilità nella grande Mela, e lui - forte del proprio talento - la stimola ad un pieno ritorno alla musica. L'album in cui sono assieme è Talking to the Sun del 1984.
Il terzo capitolo è dedicato agli album realizzati per l'etichetta Verve tra il 1990 e il 2007. Grazie all'interesse della Polygram/Polydor francese e ad un duo di appassionati produttori - sempre d'oltralpe - la Lincoln entra in una fase del suo percorso in cui pubblicherà dischi con regolarità , sarà spesso i tour e metterà a fuoco definitivo il suo peso autoriale. Rispetto ai periodi precedenti ci troviamo quindi con un mole di dischi assai maggiore, in cui abitano - a parer mio - album eccellenti come You Gotta Pay the Band, accanto a dischi frettolosi che paiono un po' il frutto della volontà di mantenere un ritmo di pubblicazioni costante (ad esempio Devil's Got Your Tongue). E' questa la fase degli omaggi, dei riconoscimenti - come i tributi al Lincoln Center e alla Columbia University - dei ripensamenti (sull'attivismo politico) e delle crociate (contro il Rap).
2.b. Approfondimenti: Testi ed Impegno Politico
Gli ultimi capitoli del libro hanno l'obiettivo di approfondire specifici aspetti del contributo e della carriera della cantante.
Nel quarto capitolo Onori si occupa della sua dimensione di autrice di testi: è forse il più stimolante del libro. Il giornalista mostra come i testi di Abbey Lincoln siano significativi di per se - nel costriure una poetica coerente e sfaccettata - , ma soprattutto siano motore delle scelte interpretative a livello vocale. Timing, timbro, silenzi, dinamiche sono, nel caso della Lincoln, realmente intepretabili come elementi di uno storytelling: come aspetti significanti di una drammaturgia che parte dal testo del brano. Lo dice bene Cassandra Wilson (pag. 152) "Penso che molte delle persone che scrivono di musica debbano ancora capire che il tuo è un approccio narrativo molto classico, che viene fuori dalla tradizione africana. E ritengo che, forse a causa dell'ignoranza, le persone non capiscano davvero la ricchezza di informazioni che c'è nella tua scrittura dei testi e nel tuo approccio a una canzone".
Per quanto riguarda l'aspetto interpretativo di questi testi è significativa una citazione che riporto per intero con qualche modifica "Caratterizzati dal suo fraseggio attorno alla pulsazione (beat) e dalla dizione, gli elementi distintivi del modo di cantare della Lincoln sono la sua abilità nell'alterare il colore del voce (tone color) e l'accentazione delle sillabe della parola che sceglie di sottolineare in una determinata canzone. La sua combinazione di altezza (pitch) e tempo è ciò che i linguisti e filologi chiamano significant tone. Lo significant tone - o la semantica tonale - è dimostrata dal modo di cantere della Lincoln, comprese le vocali allungate, il fraseggio in staccato e il parlato-cantato, per dare uno speciale significato a particolari parole o frasi. La sua è un'estetica african-based che attinge anche dagli spiritual e dalle work song". (LaShonda Katrice Barnett - Black Woman Songwriters and their craft - citato da Onori a pag. 154).
Il quinto capitolo si presenta inizialmente come dedicato al rapporto tra la figura della Lincoln e quella di Billie Holiday. In sostanza è dedicato soprattutto al rapporto tra la carriera e l'impegno politico nella vita della cantante - e più ampiamente - alla riflessione su come il suo contributo possa essere inquadrato rispetto ai temi della discriminazione razziale e di genere. La conclusione cui ci induce l'indagine di Onori è che la prospettiva della Lincoln non voglia essere inquadrata nelle pratiche - che lei poteva conoscere - del movimento femminista: "Non sono interessata a nessuna questione femminista. (...) Le femministe non hanno niente a che fare con questa musica. Non voglio essere in nessun posto in cui non ci sia almeno un uomo in giro". D'altra parte il suo percorso è segnato dalla volontà di riflettere e trasmettere un patrimonio culturale: la Lincoln vuole essere -  come sottolinea ancora Cassandra Wilson - " una portatrice di cultura". Questo suo ruolo però parte da due aspetti: il suo essere afroamericana e - specificamente - donna. Vale la pena - per accennare la profondità di questa sua riflessione - di fare riferimento a due testi: il primo è un poema Where are the African Gods che si trova nel libro di Onori a pag 165 (lo potete leggere cliccando sulla seguente immagine) ; un poema che si interroga sul retaggio spirituale della musica afroamericana - tema interessante cui ho già accennato trattanto in questo articolo del contributo culturale di Anthony Braxton.
Il secondo testo - che nel libro di Onori è presente solo per frammenti, ma che viene attentamente discusso nei suoi contenuti essenziali - è Who will Revere the Black Woman del 1966: una sorta di manifesto che affronta con schiettezza e complessità la situazione della donna afroamericana oggettificata in almeno due modi: nello sfruttamento lavorativo e sessuale della società bianca e razzista, e dalla cultura maschilista afroamericana che la usa come capro espiatorio per una serie di fallimenti individuali e collettivi. Testo intenso, che non teme di affrontare l'argomento della stupro cui la stessa Lincoln è stata vittima. Può essere trovato qui.
Completano il libro un capitolo sul rapporto tra Abbey Lincoln e il pubblico francese, la discografia commentata ed un'estesa bibliografia.
Suggerimenti d'ascolto
Per concludere ecco le mie personali preferenze d'ascolto dal catalogo della Lincoln: poche indicazioni essenziali e gli album riportati per intero.
3.a Il sodalizio con Max Roach
Di questa fase della carriera della Lincoln suggerisco due lavori:
Il primo è We Insist! Freedom Now Suite, di Max Roach. L'album - uno dei capolavori dal Jazz - è Interamente composto da Roach su testi di Oscar Brown, vede in azione una band arricchita dalla presenza del grande Coleman Hawkins al sax tenore e del percussionista Olatunji in alcuni brani. Il contributo della Lincoln è determinante in ogni traccia, dal blues del primo brano all'urlo violento di Protest, sezione centrale della traccia Triptych. Una disamina del disco e della sua importanza può essere trovata nella voce dedicata di wikipedia inglese.
Dal catalogo personale della Lincoln suggerisco - per questo periodo - Straight Ahead sempre del 1961 ed oggetto di recente interesse attraverso remasterizzazioni e ristampe: oltre al brano di apertura vale la pena di segnalare l'intepretazione del brano di Thelonious Monk Blue Monk (quarta traccia) per cui la Lincoln scrive le liriche .
3.b Anni '70: Crisi, Africa, People in me
Come si è detto negli anni '70 la Lincoln realizza un solo album, a parer mio il suo migliore: People in me/Naturally. E' un disco realizzato in Giappone, paese in cui era ospite per alcuni concerti. I musicisti coinvolti nel disco sono in parte giapponesi ed in parte presi dalla band di Miles Davis che - a Tokio per una serie di concerti - "presta" Dave Liebman, Al Foster e James Mtume a questo album. Miles stesso fu presente alla registrazione e si racconta "staccò il tempo" per almeno un brano. Il disco non è facilmente reperibile, nemmeno online. Qui è per intero in un'unica traccia: metto il minutaggio cui sono reperibili i brani, tutti straordinari sia quelli interamente originali della Lincoln sia quelli cui fornise le liriche come Africa di John Coltrane.
You and Me love
Natas 4.28
Dorian (the man with the magic) 7.00
Africa 11.30
People in me 18.40
Living Room 23.30
Kohjha-No-Tsuki 29.00
Naturally 32.20
3.c Il ritorno alle scene
Si è accennato come la parte più consistente - discograficamente - della carriera venga vissuta dalla Lincoln dai 50 anni compiuti in su: a partire dagli anni '80 e soprattutto '90. Di questo lungo periodo suggerisco due lavori:
Il Primo è Talking to the Sun del 1984 che vede la presenza di alcuni giovani musicisti della nuova scena Newyorkese di quegli anni tra cui il già citato Steve Coleman. Grande la varietà nei brani: ci sono composizioni originali, tra cui il brano di apertura The River e la title track (traccia 3), un eccezionale versione di You and I di Steve Wonder (traccia 4) e un brano del compositore brasilialo Villa-Lobos per cui la Lincoln scrive le liriche (traccia 8).
Per concludere suggerisco invece l'ascolto del disco del 1991 You Gotta Pay the Band: ci si trova in questo caso con una band di "all star" che vede la presenza di Charlie Haden al contrabbasso, Hank Jones al piano e soprattutto di Stan Getz al sassofono, sostanziale co-protagonista dell'album. Tra i brani che preferisco il primo e la title track che costituisce la terza traccia: entrambi brani della Lincoln e in cui è in evidenza tutto il suo senso del ritmo - a parer mio debitore di aspetti del Calypso - cui la band risponde con eleganza e humor.
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