Un distillato di nuova musica, dagli ascolti degli ultimi mesi
1) Stian Westerhus & Maja S.K. Ratkje - All Losses are Restored (Crispin Glover Records, 2024) .
Un disco a quattro mani (e due voci) che mette in musica alcuni sonetti - ed altri estratti - dall'opera di William Shakespeare. Seguo da diverso tempo - e con passione - le creazioni di Maja Ratkje (compositrice e performer), mentre è stata una scoperta per me Stian Westerhus chitarrista anch'egli norvegese. Come raccontare questo progetto forse inclassificabile? Si potrebbe parlare dalla strumentazione (chitarra, violino, armonium), della carica vocale dei protagonisti (Westerhus meglio di Nick Cave), della citazione riuscitissima dallo stabat mater di Pergolesi nel primo brano (The Gravedigger), del rumorismo accennato. Preferisco parlar con questa musica d'altra musica cui si riallaccia nel mio ascolto: grandi lavori del rock psichedelico come quelli di Syd Barrett (The Piper at the Gates of Dawn - con i Pink Floyd - e The Madcap Laghs) lo splendido album The End di Nico, i Radiohead. Buon Ascolto.
2) Joshua Redman - where we are - (Blue Note, 2023)
L'ultimo lavoro del sassofonista jazz Joshua Redman sceglie come filo conduttore per la selezione delle canzoni proposte quelle che abbiano come elemento del titolo un qualche luogo degli Stati Uniti (Chicago Blues, I found My love in San Francisco ecc.). Potrebbere essere l'ultimo degli stratagemmi per un musicista a corto di idee ed invece si tratta di un lavoro ispirato e potente. Spiccano diversi aspetti: la capacità di rileggere classici jazz con scelte armoniche e ritmiche in grado di aggiornarli con accenti soul e rock, il controllo eccezionale delle dinamiche da parte della band, il virtuosismo strumentale di Redman e lo stile vocale della cantante Gabrielle Cavassa (una vera scoperta) che mi sentirei di inquadrare in una linea che ha come precendenti Billie Holiday e Abbey Lincoln per il fraseggio essenziale e la capacità di integrarsi con gli strumenti. Il brano che propongo all'ascolto è l'unico scritto da Redman e credo dia la misura di un disco eccezionale.
3) Laufey - Everything I Know about love - (Awal, 2022); - Bewitched - (Awal, 2023)
Nel pur piacevole film La-La-Land c'è una scena che diversi appassionati di musica hanno trovato irritante: quando Ryan Gosling (Sebastian) dice ad Emma Stone (Mia) delle sue aspirazioni di salvare il "puro jazz" che ahinoi "sta morendo". Putroppo il jazz è - fin dalle origini - una musica impura (classica e folk, elitaria e popolare, ghettizzata e al centro della cultura, orale e scritta...) oltre al fatto che basterebbe la sua presenza nei festival, nei corsi di studi, nella discografia attuali per mostrarne la vitalità artistica e commerciale (Pat Metheny e Steve Coleman sono vivi, direi). La retorica nostalgica (e vittimistica) deve tuttavia funzionare come stratagemma di marketing, visto che la ritroviamo nel modo in cui si presenta e vende i propri prodotti la cantante islandese Laufey: molte delle sue presentazioni video parlano di tanto bel-jazz-del-passato-che-non-c'è-più (chet baker, bill evans ecc.) e di un genere commercialmente in declino di cui lei si erge a salvatrice tramite i social network e i suoi lavori. L'artista si muove in realtà in un ambito essenzialmente "traditional pop" simile - per intenderci - a quello di Norah Jones o di Michael Buble. Aldilà della disinformazione e del marketing Laufey però è veramente brava - come cantante e come autrice - : un'auspicabile maturazione nei testi ed una band di livello (magari jazz/rock) e ci trovermmo in mano qualcosa che potrebbe avvicinarsi piuttosto a Sting per la qualità di alcune musiche. Ha fatto due album uno nel 22 ed un nel 23, il primo - Everything i Know about love - è più vario nel ritmo e lo trovo più godibile. (Questa recensione è in forte debito con questo video dello youtuber Adam Neely).
4) Maja S.K. Ratkje and Nordic Affect - ROKKUR - (Øra Fonogram, 2023)
Ancora un recente lavoro della compositrice e performer norvegese Maja Ratkje (voce ed elettronica), che qui collabora con un ensemble Islandese composto da trio d'archi e clavicembalo. Un progetto che a parer mio prosegue – ed approfondisce – i risultati ottenuti nel bel disco SULT di qualche anno fa. Quali sono questi risultati? Equilibrio ed immediatezza. L'equilibrio tra un ambiente sonoro coerente ed immersivo e la divertente varietà delle composizioni. Immediatezza delle forme e del gesto musicali. Un album che ci proietta quindi in un'ambiente crepuscolare - Rokkur significa crepuscolo in islandese -, che può a momenti addensarsi in una canzone, come poi diluirsi in un'eco di suoni misteriosi. Sempre condotti dal piacere del fare musica, che così schiettamente mi trasmettono i lavori di questa artista.
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